“aceto balsamico tradizionale” un bene di famiglia!!

Un tesoro così prezioso da essere indicato nel testamento: è la batteria di botticelle con cui si produce l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia, che spesso veniva citata dai notai d’un tempo.

Il metodo di produzione ereditato nelle generazioni si basa su rincalzi successivi delle diverse botti; in questo modo nell’ultima botte, quella da cui si attinge l’Aceto Balsamico Tradizionale maturo e pronto per essere degustato, rimane sempre un quantitativo antico, magari prodotto dal nonno o dal bisnonno.

Se pensiamo che ogni goccia di Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia deve essere invecchiata per almeno 12 anni, è facile intuire come non siamo rare batterie familiari attive da più di un secolo, alcune che risalgono addirittura al Settecento.

E’ un legame indissolubile non solo con il territorio e con la casa, ma con le generazioni precedenti, unite in un ideale albero genealogico del gusto: non a caso la parola “tradizionale” fa parte del nome di questo alimento.

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A settembre & ottobre 2014, acetaia aperta!!

Vi ricordo che chiunque puo’ richiedere di venire a visitare la piccola acetaia a conduzione familiare   “ilvitigno” previa appuntamento!!

La piccola   acetaia oltre all’aceto (future balsamico) , contiene anche attrezzi che usavano I nostri   avi per lavorare la terra, poi sara’ disponibile anche assaggi ai prodotti fatti in casa, come I sughi di uva lancellotta 2014, nocino 2013, e birre artigianali…

Vi aspetto numerosi….

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mosto cotto 2014

Anche quest’anno, il mosto cotto e’ stato fatto direttamente in casa, o perlomeno prelevato l’uva dalla nostra terra e trasformato come tutti gli anni in mosto cotto.

Ho fatto circa 100 kg di mosto cotto e ora attendero’ febbraio per metterlo nelle badesse che dove c’e’ il mosto fatto in tutti questi anni. Il travaso andra’ fatto solo nelle batterie!!!

L’uva e’ lancellotta, maestri e salamino.

 

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Addio a Ferrari Amorotti un “guru” del balsamico

Una vita dedicata all’aceto balsamico tradizionale. Vincenzo Ferrari Amorotti – morto a 71 anni – era un “faro” nel mondo del prodotto d’eccellenza modenese, non solo per aver vinto più volte il Palio di San Giovanni.

«È stato un punto di riferimento – ha spiegato Luca Gozzoli, Gran Maestro della Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale – da un punto di vista tecnico, scientifico ed emotivo. Più di tanti ha contribuito a tenere alta la nostra tradizione. È stato un componente del Consiglio per diversi anni, poi si è dimesso per problemi di salute, senza smettere di collaborare».

La passione l’aveva nel Dna. Vincenzo era discendente di Francesco Agazzotti, primo sindaco di Formigine nell’Italia unita. Non un semplice politico: era anche un viticoltore e imprenditore agricolo, uno dei padri delle norme sulle denominazioni delle origini protette. «Era discendente diretto di Francesco Aggazzotti da Colombaro. In più il cugino Ettore Aggazzotti è stato conosciuto e apprezzato per il nocino». Il 18 gennaio 2011, per il bicentenario della nascita, il pronipote ha tenuto un intervento per ricordare Francesco. Più volte ha mostrato la sua abilità oratoria. «Era un Maestro assaggiatore della Consorteria e uno dei nostri più grandi studiosi. Il termine “responsabile scientifico” è riduttivo: è stato il padre di alcuni percorsi che hanno portato a diffondere la cultura dell’aceto balsamico tradizionale. Era anche un grande agronomo. Ha vinto più volte il Palio di San Giovanni. È stato protagonista di quasi tutte le nostre pubblicazioni, ha avuto veramente un ruolo decisivo».

Scrittore (ha redatto “Il Balsamico della Tradizione Secolare”), relatore, era anche un produttore, ma non per il mercato. «Nella vita si occupava di altro. Ha sempre avuto un aceto straordinario, ma non ha mai voluto produrre per vendere. Spesso nell’ultimo periodo trascorreva più tempo presso l’abitazione di San Venanzio, a Maranello». Nella città della Ferrari aveva aperto l’acetaia comunale ed è stato presidente del Comitato per la promozione e valorizzazione dei prodotti tipici. «È una perdita dolorosa – ha concluso il sindaco di Maranello, Lucia Bursi – Vincenzo Ferrari Amorotti era una delle persone più intelligenti con cui ho lavorato in questi anni, uno di quei casi in cui la passione e la capacità personali vengono messe a disposizione di tutta la comunità: un uomo virtuoso di cui ci mancheranno molto i modi gentili, la discrezione e la grande disponibilità».

Lascia tre figli: Francesca, Giovanna e Lorenzo. I funerali si terranno domani alle 14.30 a Modena, nella chiesa di San Vincenzo in corso Canalgrande.

Come faccio io il mosto cotto!!

A settembre si inizia ad analizzare con il mostimetro se e’ il momento adatto per raccogliere l’uva, infatti il chicco di uva deve essere non troppo maturo, e neanche troppo acerbo, come in tutte le cose..la raccolta deve essere al momento giusto!

Quando si ritiene che l’uva vada  bene, inizia la raccolta a mano, grappolo per grappolo fino ad averne abbastanza per fare il mosto cotto, logicamente a seconda di quanto se ne deve ottenere alla fine, si raccoglie piu’ o meno uva! La preparazione del vino si combina perfettamente con la lettura del blog schrigendigte.wordpress.com.

Raccolta l’uva, il secondo step e’ quello che occorre far passare la stessa sotto il torchio, logicamente senza pressare troppo altrimenti si rende il mosto amaro, o comunque non eccellente, lasciato passare la notte il mosto viene immesso nella caldaia e fatto cuocere dalle 8 alle 10 ore ad una temperatura che oscilla tra gli 80 e 85 gradi, dopo naturalmente l’iniziale periodo breve di bollitura dello stesso mosto.

Quando riteniamo che mosto abbia raggiunto i 28 / 30 gradi babo, possiamo spegnere la caldaietta e lasciare lo stesso a raffreddare, al mattino seguente il mosto verra’ messo a fermentare nella sua dimora quale sara’ una cisterna in acciaio inox.

Nel mese di febbraio il mosto cotto potra’ essere travaso nelle botti madri oppure direttamente nelle botticelle!!!

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