Ricordi di Vendemmia

OLYMPUS DIGITAL CAMERAQuando ero piccolo ….la vendemmia era “altra cosa” rispetto ad ora!!!

Nel mio animo ad ogni modo l’autunno sboccia il giorno in cui inizia la vendemmia, quando col cuore gonfio di nostalgia rimembro i mesi di settembre passati in campagna da mio papa’ e da mio nonno a vendemmiare, in quel periodo magico che si sviluppava ad inizio autunno!!!

Citazioni tratte dal mio libro autobiografico ” la mia vita”

Quando si vendemmiava la rugiada, gli odori, le foglie, l’uva erano tuttuno, si respirava la campagna nel suo piu’ bel momento quello dove i frutti diventano maturi e tutto si raccoglie, dove il contadino finalmente raccoglie le sue “fatiche”!!

La vigna era a “tirelle” un metodo di coltivazione che vedeva la vite quasi avere un rapporto carnale,“maritata ad un tutore vivo su cui si reggeva  (soprattutto all’olmo)”.  Ricordo mio nonno, mio papa’ che ogni tanto gridavano a noi giovani “Dai, finès cla tirella che andom avanti cun al trator”, bellissimo!!!

Tutto era diverso da adesso, si chiamavano i famigliari, i cugini, gli zii, le zie, famiglie complete al lavoro pur di guadagnare qualcosa facendo la “campagna della vendemmia”, c’era chi cantava, chi parlava di politica, chi scherzava e il tempo passava e neanche te ne accorgevi di lavorare.

Questo e’ passato, il presente e’ ben diverso, e ora  i vitigni sono adatti per la raccolta dell’uva anche a macchina!!

la batteria

È facile intuire che la progressiva ed elevata concentrazione e i tanti delicati processi di evoluzione non possano avvenire simultaneamente nel medesimo contenitore: per questo motivo l’unità produttiva dell’Aceto Balsamico Tradizionale non è costituita da un singolo barile bensì da un insieme di botti dai differenti legni e di dimensioni scalari che prende il nome di BATTERIA (da un minimo di 5 fino a 10-12 barili, personalmente ritengo che 5/6  barili costituiscano il giusto equilibrio).
La differenziazione dei legni tra una botticella e l’altra conferisce un prezioso bouquet di aromi e peculiari caratteristiche. I legni tipici della tradizione sono: rovere, castagno, gelso e ginepro a cui si aggiunse poi il ciliegio, quindi l’acacia/robinia ed infine il frassino.
Di fondamentale importanza è il livello di riempimento dei barili, ¾ o poco più del volume totale, esponendo così la massima superficie all’ossigenazione e favorendo le attività microbiologiche di lieviti, acetobatteri ed enzimi

L’Aceto Balsamico e La Sua Storia.

Una tradizione di sapori che perdura nei secoli

Già nel III millennio a.c.nelle  civiltà del Vicino Oriente quali Mesopotamia, Egitto, Palestina e più tardi in Grecia e a Roma; abbiamo testimonianze di un uso massiccio di aceti e mosti di uva, di mele, di datteri e di fichi. Grandi quantità di aceto venivano usate per la conservazione del cibo sia come gradito condimento per poveri e ricchi sia come medicinale e infine restò fino all’età moderna l’acido più potente di cui disponesse l’uomo. Il mosto invece era sia bevuto fresco diluito nell’acqua, ma soprattutto veniva concentrato mediante bollitura essendo il dolcificante più utilizzato in antichità; infine nella cucina dell’antica Roma era usato, unito all’aceto forte, per ottenere il sapore agro-dolce in molti piatti. Nell’ambito di questa tradizione, ma in tempi a noi più vicini, deve essere collocata l’origine dell’aceto balsamico, avviatasi sfruttando particolari condizioni ambientali presenti in certi aree del Ducato estense.

Aceto Balsamico è sinonimo da tempo immemorabile di cultura e storia dell’antico Ducato Estense. Infatti la sua esistenza è dovuta alla concomitanza di particolari caratteristiche pedoclimatiche del territorio con il susseguirsi di avvenimenti storici che hanno forgiato la vita e il carattere degli abitanti. La grande produttività viticola della zona era ben conosciuta già al tempo dei Romani, che cuocevano i mosti trasformandoli in risorsa alimentare di grande importanza sia strategico-militare che economica. Ne parlavano Cicerone, Plinio e Virgilio, mentre Columella riconosceva un comportamento particolare dei mosti della zona che, anche dopo la cottura, tendevano nonostante tutto a fermentare ed acetificare (…solet acescere…). È lecito supporre quindi che del mosto cotto (Saba o Sapa), forse dimenticato, grazie ad un lungo processo di fermentazione ed invecchiamento abbia sviluppato quelle caratteristiche uniche ed inconfondibili che riconosciamo ancor oggi nell’Aceto Balsamico Tradizionale.

Già nell’anno 1046 d.C. il Re Enrico II di Franconia manifestava grande apprezzamento per l’aceto del Marchese di Canossa, ma è nei secoli a venire che innumerevoli documenti testimoniano in quale considerazione l’Aceto Balsamico Tradizionale sia sempre stato tenuto. Considerato come parte effettiva del patrimonio famigliare, veniva citato nei lasciti testamentari; era dote prestigiosa per le giovani spose di aristocratiche origini. Era gelosamente conservato nei sottotetto e amorevolmente curato di generazione in generazione. Era considerato una sorta di Panacea dai principi medicamentosi in grado di curare tutti i mali. Di rado era ceduto in dono ma, nel caso, era il regalo degno di “Re e Principi”; fu così che già dal Rinascimento il Balsamico delle Acetaie Estensi era rinomato ai più alti livelli delle aristocrazie europee. Non a caso nel 1792 un’ampolla di “Balsamico” fu il dono del Duca Ercole III a Francesco I d’Austria in occasione della sua incoronazione ad Imperatore. L’uso dal punto di vista gastronomico è testimoniato ancor oggi da ricette tramandate e consuetudini gelosamente conservate fra i segreti di famiglia. Quando poi nel 1863, per la prima volta, anche la scienza ufficiale si è interessata al nobile prodotto, le moderne analisi del Prof. Fausto Sestini evidenziavano nella sua pubblicazione “Sopra gli Aceti Balsamici del Modenese” le enormi differenze esistenti fra il Balsamico della tradizione e qualunque altro tipo di aceto: «…nelle province di Modena e Reggio Emilia si prepara da tempo antichissimo una particolare qualità di aceto a cui le fisiche apparenze e la eccellenza dell’aroma fecero acquistare il nome di Aceto Balsamico…».
Nel 1839 Il conte Giorgio Gallesio restò ammaliato dalle caratteristiche del Balsamico e ne descrisse le procedure di produzione nelle antiche acetaie del Conte Salimbeni, così come l’Avv. Aggazzotti, nel 1861, spiegava nelle sue lettere all’Amico Fabriani le antiche e segrete procedure della sua famiglia. Dal 1967 una associazione di appassionati e cultori del prezioso aceto, la “Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena”, con un lavoro intenso e costante di promozione, è stata determinante per la divulgazione del prodotto e per la sua selezione qualitativa. L’Aceto Balsamico Tradizionale è quindi uscito dai segreti delle soffitte e dalle gelosie “di Corte”, rivolgendosi al mondo come massimo rappresentante di storia, cultura e tradizione gastronomica degli antichi territori del Ducato Estense, le attuali Province di Modena e Reggio Emilia. Ancora oggi l’Aceto Balsamico Tradizionale, rispettivamente di Modena o di Reggio Emilia, è l’orgoglio delle due città.

Il metodo Agazzotti cominciò quindi a diffondersi tra i piccoli produttori modenesi e reggiani  a partire dal 1860 ma questo metodo produttivo ha continuato a convivere a lungo con diverse "ricette" formulate sia per le piccole produzioni familiari che per le prime produzioni destinate alla commercializzazione le quali si rifacevano in qualche modo agli antichissimi procedimenti consistenti nell'utilizzare sàba con l'aggiunta di aceto di vino (Metodo Giusti). Si tratta indubbiamente di due prodotti diversi, per il riconoscimento e la regolamentazione dei quali si è dovuto affrontare un lungo e travagliato iter normativo che finalmente il 15 maggio 2000, almeno per il "balsamico" derivante dal "Metodo Aggazzotti", può dirsi compiuto con l'ottenimento della Denominazione di Origine Protetta (DOP) "Aceto Balsamico Tradizionale di Modena
Sin dal XVII secolo la famiglia Giusti, antica dinastia di produttori di "aceti alla modenese", si era avvalsa di una ricetta che prevedeva l'impiego di mosto crudo, mosto cotto e aceto di vino, inserendosi così nel solco delle antiche preparazioni romane e medioevali a base di saba e aceto di vino. Una prima codificazione della ricetta è attribuita al conte Giorgio Gallesio il quale, in un prezioso manoscritto autografo compilato nel corso di una visita fatta nelle tenute modenesi dei conti Salimbeni nel settembre 1839, descrisse minutamente il metodo applicato nella produzione dell'Aceto Balsamico indicando la pratica di diluire con aceto forte un prodotto che sembra molto vicino all'aceto "tradizionale".
Nel 1861 la famiglia Giusti presentò un aceto balsamico di novanta anni all'Esposizione italiana di Firenze, appena divenuta capitale provvisoria del Regno d'Italia; il prodotto, per il quale i Giusti furono premiati con una medaglia al merito, era riconducibile alle preparazioni che prevedevano la mescolanza di mosto cotto, aceto di vino e aceto forte e fu ufficialmente identificato dai produttori come "balsamico".

La Mostra di Oggetti Contadini

La nostra acetaia ospita una piccola mostra di strumenti antichi usati nelle campagne del dopoguerra. Tra questi, potrete trovare:

  • Un tagliafieno per sminuzzare il fieno in modo uniforme.
  • Un forcone per girare o raccogliere l’erba.
  • Un segone da legno per tagliare tronchi d’albero.
  • Un giogo per attaccare mucche o cavalli all’aratro.
  • Botticelle e tinelli del primo Novecento, utilizzati per conservare vino o aceto.
  • Un bidoncino del latte degli anni ’50 e uno per il carburante, usato dalle truppe tedesche.
  • Un estirpatore di barbabietole e una base in legno su cui si poggiava il filarino.

Questa mostra accompagna il visitatore in un viaggio nel tempo, creando un’atmosfera che rende ogni visita una vera e propria esperienza.

 

Come si Produce l’Aceto Balsamico Tradizionale

L’aceto balsamico si distingue dall’aceto di vino principalmente per la materia prima: il primo si ottiene dal mosto d’uva, mentre il secondo dal vino. Nella nostra acetaia a conduzione familiare, ci impegniamo a produrre un aceto balsamico tradizionale di alta qualità.

Fasi della Produzione Tradizionale:

  1. Vendemmia a mano delle uve (Trebbiano, Lambrusco, Ancellotta, Spergola, Salamino e altre).
  2. Pigiatura con torchio senza eccessiva pressione.
  3. Cottura del mosto all’aperto a una temperatura tra 80 e 90 gradi.
  4. Raffreddamento e fermentazione alcolica del mosto cotto.
  5. Imbottamento nelle botticelle dopo l’inverno.
  6. Maturazione del giovane aceto balsamico.
  7. Travasi e rincalzi nel corso degli anni.
  8. Invecchiamento e prelievo finale dopo almeno 12 anni.

Questi passaggi sono alla base del vero aceto balsamico tradizionale di Modena e Reggio Emilia.