Queste sono le badesse, botti francesi che contengono circa 220 litri di futuro “balsamico”…
Queste batterie affinano il “futuro aceto balsamico” per ben 12 anni e piu….
Una vita dedicata all’aceto balsamico tradizionale. Vincenzo Ferrari Amorotti – morto a 71 anni – era un “faro” nel mondo del prodotto d’eccellenza modenese, non solo per aver vinto più volte il Palio di San Giovanni.
«È stato un punto di riferimento – ha spiegato Luca Gozzoli, Gran Maestro della Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale – da un punto di vista tecnico, scientifico ed emotivo. Più di tanti ha contribuito a tenere alta la nostra tradizione. È stato un componente del Consiglio per diversi anni, poi si è dimesso per problemi di salute, senza smettere di collaborare».
La passione l’aveva nel Dna. Vincenzo era discendente di Francesco Agazzotti, primo sindaco di Formigine nell’Italia unita. Non un semplice politico: era anche un viticoltore e imprenditore agricolo, uno dei padri delle norme sulle denominazioni delle origini protette. «Era discendente diretto di Francesco Aggazzotti da Colombaro. In più il cugino Ettore Aggazzotti è stato conosciuto e apprezzato per il nocino». Il 18 gennaio 2011, per il bicentenario della nascita, il pronipote ha tenuto un intervento per ricordare Francesco. Più volte ha mostrato la sua abilità oratoria. «Era un Maestro assaggiatore della Consorteria e uno dei nostri più grandi studiosi. Il termine “responsabile scientifico” è riduttivo: è stato il padre di alcuni percorsi che hanno portato a diffondere la cultura dell’aceto balsamico tradizionale. Era anche un grande agronomo. Ha vinto più volte il Palio di San Giovanni. È stato protagonista di quasi tutte le nostre pubblicazioni, ha avuto veramente un ruolo decisivo».
Scrittore (ha redatto “Il Balsamico della Tradizione Secolare”), relatore, era anche un produttore, ma non per il mercato. «Nella vita si occupava di altro. Ha sempre avuto un aceto straordinario, ma non ha mai voluto produrre per vendere. Spesso nell’ultimo periodo trascorreva più tempo presso l’abitazione di San Venanzio, a Maranello». Nella città della Ferrari aveva aperto l’acetaia comunale ed è stato presidente del Comitato per la promozione e valorizzazione dei prodotti tipici. «È una perdita dolorosa – ha concluso il sindaco di Maranello, Lucia Bursi – Vincenzo Ferrari Amorotti era una delle persone più intelligenti con cui ho lavorato in questi anni, uno di quei casi in cui la passione e la capacità personali vengono messe a disposizione di tutta la comunità: un uomo virtuoso di cui ci mancheranno molto i modi gentili, la discrezione e la grande disponibilità».
Lascia tre figli: Francesca, Giovanna e Lorenzo. I funerali si terranno domani alle 14.30 a Modena, nella chiesa di San Vincenzo in corso Canalgrande.
Acetaia “il vitigno”
All’inizio era una stallina dove il nonno Desiano accudiva con tanto amore un po’ di mucche e qualche maialino, con questi pochi animali poteva far fronte alle necessita’ sue e di sua moglie Imelde, ma il nonno Desiano non aveva solo da accudire la stallina degli animali, aveva anche tanta passione per la terra e per “il vitigno” che una volta era di quelli tradizionali con le classiche “tirelle” e si vendemmiava tutta a mano con gli scaletti e sul carro. Verso il 2007, con le nuove “mode” e tecnologie, anche il nonno Desiano decise di sostituire la vecchia vigna con ” il vitigno” ancora oggi esistente e sempre rigoglioso di buona uva.
Ecco spiegato il nome della nostra piccola acetaia “il vitigno” , la continuazione della tradizione dei nonni e il portare avanti questi impegni verso la nostra cara amata terra che tanto produce.
“Il vitigno” di oggi, sostituisce la vecchia vite nata negli anni ’60, e predisposta per la vendemmia a mano perche’ bassa e alla portata di tutti, tra le sue uve possiamo notare la Ancellotta, i lambruschi Salamino, Maestri, Grasparossa, da cui nasce il nostro MOSTO COTTO per l’acetaia “IL VITIGNO”.
Ma quali qualita’ hanno questi vitigni?
Lambrusco Salamino di Santa Croce – Deriva essenzialmente dall’omonimo vitigno, anche se è possibile, a livello di impianto del vigneto, la presenza di altri Lambruschi, Ancellotta. Il grappolo è piuttosto piccolo di forma cilindroconica, gli acini di grandezza non uniforme con buccia pruinosa blu-nerastra spessa e consistente. La produzione è ricca e costante. Ha colore rosso rubino carico, con spuma dagli orli violacei; il profumo è fresco, persistente, fruttato; gusto armonico, leggermente acidulo, con moderata alcolicità. Vino non impegnativo, ben si sposa con pasta asciutta e con arrosti di carne bianca o di maiale.
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Lambrusco Grasparossa di Castelvetro – Come per il Lambrusco Salamino, la base ampelografica prevista all’impianto dei vigneti per il Lambrusco Grasparossa consente l’utilizzo di altri vitigni di Lambrusco. Il grappolo è spargolo di forma conica con acini sferoidali di colore blu scuro o nerastro, pruinosi, con buccia consistente e polpa mediamente succosa. Il vitigno è sufficientemente robusto e adatto a coltivazioni contenute, maturazione tardiva. Di colore rosso rubino intenso, con riflessi violacei, profumo vinoso intenso, fruttato, complesso; di sapore sapido, leggermente fruttato, con piacevole retrogusto amarognolo. Tra i Lambruschi DOP, è il più pieno e corposo, indicato per paste al forno, arrosti, salumi. La versione amabile può essere consumato come aperitivo o per accompagnare i dolci tipici di Modena.
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L’Ancellotta è un vitigno rosso della zona del Modenese i cui primi riferimenti storici risalgono al 1400, quando le venne attribuito questo nome grazie alla diffusione che la famiglia Lancillotti riuscì a dare a questo vitigno della famiglia del Lambrusco, dove attualmente rappresenta il 15 per cento del taglio del Lambrusco Reggiano, che viene per lo più esportato con notevole successo. Questa varietà di Lambrusco è quella più coltivata tra le sue simili della famiglia. Questo grazie ad un apporto qualitativo di grande livello sempre rispetto alle altre Lambrusco, tanto che se ne vinifica anche qualche vino in purezza. Oggi questa varietà trova molta popolarità in tutto il Reggiano e nelle aree limitrofe anche al di là del Po. È un vitigno molto vigoroso, con maturazione mediamente tardiva tra la fine di settembre e i primi d’ottobre, con grappoli medi e cilindrici e chicchi ben sferici, con consistente pruina sulla spessa buccia. Trova anche qualche ettaro in altre regioni, come il Trentino dove fu introdotto nel primo dopoguerra e poi via via nel nord est, in Puglia, in Sardegna e nelle altre regioni dell’Italia centrale. Incontra molta sensibilità alla botritizzazione e alla peronospora, ma è lo iodio la sua principale avversità.
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Il Lambrusco Maestri è un vitigno a bacca rossa parte della grande famiglia dei Lambruschi, appartenenti alla Vitis Vinifera e da non confondersi con la Lambrusca di provenienza americana. Quella europea invece era conosciuta già in epoca antica, storicamente coltivata in Emilia, oggi in particolare nelle provincie di Parma e Reggio Emilia, e negli ultimi anni anche in qualche zona del Meridione, dove viene apprezzata per la sua resistenza. I Romani ne ottenevano già all’epoca vini vivaci e freschi, da speziare e rendere ancora più aromatica.
In particolare il sottotipo del vitigno Lambrusco maestri si presenta con grappoli di medie dimensioni a forma cilindrica, con densità media, alati. Le bacche sono anch’esse di medie dimensioni, sferiche e con abbondante pruina sulle bucce coriacee, leggermente acide, il che le rende ottime nella produzione di vino frizzante. Il vitigno viene apprezzato per la sua ottima vigoria e resistenza, oltre all’adattabilità a quasi tutte le condizioni pedo-climatiche della penisola. È inoltre un vitigno molto fertile, espanso e molto rigoglioso.