nocino barricato

Il nocino barricato e' un liquore molto diverso dal classico nocino, non lo si trova da nessuna parte se non dai piccoli "artigiani del nocino", infatti anche io ho messo in pratica questa piccola variante che il liquore puo' avere.

Ho sentito parecchie persone, interpellato anche persone che sono dei gran maestri di degustazione di questo preziosissimo liquore alle noci, alla fine anche io ho comprato 3 botticelle di rovere per barricare il Nocino.

Ma perche' il nocino e' diverso e spesso piu' buono quando si lascia almeno per un anno nelle botticelle?

Partiamo dal presupposto che il mio nocino e' fatto solo da Noci (mie), Alcool buongusto, e zucchero, quindi senza nessuna aggiunta di altre spezie, vino, marmellate, etc..etc..

Lasciato almeno 1 anno nelle botticelle di rovere il nocino Barricato assume  aromi di legno (rovere), lascia evaporare un po' l'alcool e diventa un nocino totalmente diverso dal nocino normale, consigliato specialmente a chi (come le donne) preferisce bere qualcosa di meno forte!!

Questo e' il mio Nocino Barricato!!

Nocino di produzione propria.

Il nocino di produzione propria inizia nell'estate del 2011, ho sentito in questi anni vari nocini e tanti che si potrebbero definire dei Buonissimi Amari, ma forse non dei veri Nocini. Mia mamma quando faceva il nocino ad esempio oltre alle nocino-alcool e zucchero metteva un po' di spezie, quali cannella e/o altro, altri mettono vino, oppure garofalo..insomma ognuno giustamente fa' in casa il nocino che piu' gli piace. Ad inizio 2011 io sono andato ad un corso presso la consorzio del nocino modenese a Vignola e in quel corso e mi hanno spiegato che in emilia il nocino e' un liquore che si presta molto al territorio e quindi per fare il vero nocino occorre Noci-Alcool buongusto e zucchero.

 

RICETTA DEL NOCINO
SECONDO L’ANTICA TRADIZIONE  DELL’ORDINE DEL NOCINO MODENESE

INGREDIENTI

1 litro di alcool 95° buon gusto

700-900 gr. di zucchero

1 Kg di noci  (33-35 noci circa a seconda della dimensione ma  sempre in numero dispari).

Le noci devono essere rigorosamente di provenienza locale e prive di qualsiasi trattamento. 

Esse inoltre devono essere, così come indica la tradizione, raccolte nel periodo a cavallo della festività di San Giovanni Battista. 

 La giusta consistenza della noce va valutata forandola con uno spillo e/o verificata visivamente spaccandola a metà con un coltello.

La mia birra artigianale

Nella primavera del 2013 ascoltando il Mastro Birraio Andrea, ho iniziato a produrre per puro vezzo, oltre al nocino,  la birra artigianale in casa, non avendo mai studiato da "piccolo chimico" subito non ero cosi sicuro della buona scelta fatta. Inizialmente consultandomi con Andrea mi sono fatto un'idea di come viene prodotta la birra in casa e cosi' pian piano leggendo anche su siti specializzati in internet, la mia paura e' andata via e cosi'  a fine primavera 2013 ho iniziato a produrre in casa della birra che sostanzialmente non e' male, anzi chi l'ha assaggiata ha detto che e' buona.

A differenza dell'aceto balsamico che occorrono gli sbalzi di temperatura, perche' l'aceto deve "lavorare" in estate e "riposare"  in inverno, la birra artigianale necessita di piu' stabilita' climatica e allora occorre evitare o quantomeno farne meno quando  c'e' troppo caldo o  troppo freddo perche' i BATTERI  LATTICI  possono "attaccare" la birra artigianale.

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I  batteri lattici sono microrganismi che creano acido lattico come principale prodotto della fermentazione dei carboidrati, producono quantità molto piccole di CO2, tollerano bene un’elevata acidità (alcune specie continuano a crescere fino a circa pH 3), fermentano fra i 15 e i 35°C e si sviluppano ottimamente anche con basse concentrazioni di ossigeno. L’azione dei batteri lattici è limitata da abbondanti luppolature e alte concentrazioni di alcol. Anche se normalmente i batteri lattici sono responsabili di difetti della birra, se correttamente utilizzati sono in grado di contenere o di escludere la presenza di altri microrganismi non desiderati. Oltre alla volontà quindi di replicare alcuni stili tradizionali l’abbassamento del pH nel mosto della birra comunque favorisce la stabilità del prodotto finale.

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Quando è nata la birra?

Secondo i "Codici" del Re babilonese Hammurabi, vissuto nel XVIII secolo a.C., la birra sarebbe opera dei Sumeri che cinquemila anni or sono scoprirono il processo di maltizzazione dell’orzo, il cereale che questa popolazione coltivava in abbondanza nelle fertili vallate fra i fiumi Tigri ed Eufrate. Attraverso le fasi successive di macinazione, lievitazione, cottura, filtraggio e aromatizzazione, i Sumeri producevano il "se-bar-bi-sag" (bevanda che fa vedere chiaro), senza dubbio la progenitrice della birra.

Nell'antico Egitto, tremila anni prima della nascita di Cristo, si faceva una birra di cereali, chiamata "henqet", differente dalla birra sumerica per l’assenza del processo di maltizzazione. Gli antichi romani snobbavano il “vino d’orzo” a favore di quello d’uva, che però massacravano annacquandolo e aggiungendo miele e spezie. Diversamente, la birra era diffusa e apprezzata in Spagna, Francia, Britannia e Germania. Qui, durante il Medioevo, si perfezionò l'arte della birra e venne introdotto il recipiente di rame. Il punto di svolta che conduce dritto dritto alla produzione industriale di questa bevanda spumeggiante.

L'ingrediente principale della birra è l'orzo distico, che per poter essere utilizzato nella fermentazione deve prima

trasformarsi in alcol

L'orzo viene lasciato macerare in acqua per alcuni giorni fino alla germinazione: in questa fase si formano gli enzimi capaci di trasformare gli amidi in maltosio.

Succesivamente, si procede all'essicazione e alla tostatura che saranno effettuate a temperature diverse per ottenere le varie qualità di birra.

Per la "LAGER" si utilizza un'essiccazione delicata, mentre per le "ALE – BITTER – MILD" si essica il malto con una leggera tostatura.

Si utilizzano lieviti Saccharomyces Cervisiae, a fermentazione alta, che lavorano felicemente fra i 16°C e i 22°C, per produrre le birre inglesi (ALE – BITTER- STOUT); mentre i lieviti Saccharomyces Carlsbergensis, a bassa fermentazione, lavorano fra i 5°C e 10°C, e vengono usati per produrre le LAGER.

La birra, insieme al vino, è una delle più antiche bevande conosciute, infatti veniva prodotta anche dagli egizi.

La birra è composta da acqua, malto d'orzo e   luppolo
L'utilizzo del luppolo è antichissimo ma la pratica rigorosa di luppolare il mosto nasce nel XIII° secolo.

Una birra comune è composta all'incirca dal 95 % di acqua, dal 4,5% di alcol ed il resto da sali minerali.

Come nasce la birra

Birra: dal latino bibere, cioè bere. Dunque, la bevanda per eccellenza. Bevanda fermentata, moderatamente alcolica, a base di cereali. Inventata da una donna, forse casualmente, "maneggiando" cereali in cucina.. Che sia nata decisamente al femminile, lo conferma anche la mitologia degli Armeni, che attribuivano l'invenzione della birra alla dea della terra Armalu.

Come e quando nasce la nostra piccola acetaia.

 Acetaia “il vitigno”

All’inizio era una stallina dove il nonno Desiano accudiva con tanto amore un po’ di mucche e qualche maialino, con questi pochi animali poteva far fronte alle necessita’ sue e di sua moglie Imelde, ma il nonno Desiano non aveva solo da accudire la stallina degli animali,  aveva anche tanta passione per la terra e per “il vitigno”  che una volta era di quelli tradizionali con le classiche “tirelle” e si vendemmiava tutta a mano con gli scaletti e sul carro. Verso il 2007, con le nuove “mode” e tecnologie, anche il nonno Desiano decise di sostituire la vecchia vigna con ” il vitigno” ancora oggi esistente e sempre rigoglioso di buona uva.

Ecco spiegato il nome della nostra piccola acetaia “il vitigno” , la continuazione della tradizione dei nonni e il  portare avanti questi impegni verso la nostra cara amata terra che tanto produce.

“Il vitigno” di oggi, sostituisce la vecchia vite nata negli anni ’60, e predisposta per la vendemmia a mano perche’ bassa e alla portata di tutti, tra le sue uve possiamo notare la Ancellotta, i lambruschi Salamino, Maestri, Grasparossa, da cui nasce il nostro MOSTO COTTO per l’acetaia “IL VITIGNO”.

Ma quali qualita’ hanno questi vitigni?

Lambrusco Salamino di Santa Croce – Deriva essenzialmente dall’omonimo vitigno, anche se è possibile, a livello di impianto del vigneto, la presenza di altri Lambruschi, Ancellotta. Il grappolo è piuttosto piccolo di forma cilindroconica, gli acini di grandezza non uniforme con buccia pruinosa blu-nerastra spessa e consistente. La produzione è ricca e costante. Ha colore rosso rubino carico, con spuma dagli orli violacei; il profumo è fresco, persistente, fruttato; gusto armonico, leggermente acidulo, con moderata alcolicità. Vino non impegnativo, ben si sposa con pasta asciutta e con arrosti di carne bianca o di maiale.

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Lambrusco Grasparossa di Castelvetro – Come per il Lambrusco Salamino, la base ampelografica prevista all’impianto dei vigneti per il Lambrusco Grasparossa consente l’utilizzo di altri vitigni di Lambrusco. Il grappolo è spargolo di forma conica con acini sferoidali di colore blu scuro o nerastro, pruinosi, con buccia consistente e polpa mediamente succosa. Il vitigno è sufficientemente robusto e adatto a coltivazioni contenute, maturazione tardiva. Di colore rosso rubino intenso, con riflessi violacei, profumo vinoso intenso, fruttato, complesso; di sapore sapido, leggermente fruttato, con piacevole retrogusto amarognolo. Tra i Lambruschi DOP, è il più pieno e corposo, indicato per paste al forno, arrosti, salumi. La versione amabile può essere consumato come aperitivo o per accompagnare i dolci tipici di Modena.

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L’Ancellotta è un vitigno rosso della zona del Modenese i cui primi riferimenti storici risalgono al 1400, quando le venne attribuito questo nome grazie alla diffusione che la famiglia Lancillotti riuscì a dare a questo vitigno della famiglia del Lambrusco, dove attualmente rappresenta il 15 per cento del taglio del Lambrusco Reggiano, che viene per lo più esportato con notevole successo. Questa varietà di Lambrusco è quella più coltivata tra le sue simili della famiglia. Questo grazie ad un apporto qualitativo di grande livello sempre rispetto alle altre Lambrusco, tanto che se ne vinifica anche qualche vino in purezza. Oggi questa varietà trova molta popolarità in tutto il Reggiano e nelle aree limitrofe anche al di là del Po. È un vitigno molto vigoroso, con maturazione mediamente tardiva tra la fine di settembre e i primi d’ottobre, con grappoli medi e cilindrici e chicchi ben sferici, con consistente pruina sulla spessa buccia. Trova anche qualche ettaro in altre regioni, come il Trentino dove fu introdotto nel primo dopoguerra e poi via via nel nord est, in Puglia, in Sardegna e nelle altre regioni dell’Italia centrale. Incontra molta sensibilità alla botritizzazione e alla peronospora, ma è lo iodio la sua principale avversità.

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Il Lambrusco Maestri è un vitigno a bacca rossa parte della grande famiglia dei Lambruschi, appartenenti alla Vitis Vinifera e da non confondersi con la Lambrusca di provenienza americana. Quella europea invece era conosciuta già in epoca antica, storicamente coltivata in Emilia, oggi in particolare nelle provincie di Parma e Reggio Emilia, e negli ultimi anni anche in qualche zona del Meridione, dove viene apprezzata per la sua resistenza. I Romani ne ottenevano già all’epoca vini vivaci e freschi, da speziare e rendere ancora più aromatica.

In particolare il sottotipo del vitigno Lambrusco maestri si presenta con grappoli di medie dimensioni a forma cilindrica, con densità media, alati. Le bacche sono anch’esse di medie dimensioni, sferiche e con abbondante pruina sulle bucce coriacee, leggermente acide, il che le rende ottime nella produzione di vino frizzante. Il vitigno viene apprezzato per la sua ottima vigoria e resistenza, oltre all’adattabilità a quasi tutte le condizioni pedo-climatiche della penisola. È inoltre un vitigno molto fertile, espanso e molto rigoglioso.